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HIV: la percezione del rischio tra ieri e oggi

In occasione della giornata mondiale contro l’AIDS, mettiamo a confronto il rischio di contagio da HIV ieri e oggi, spiegando perché oggi la percezione del virus è cambiata.

Oggi, 1 dicembre, è la giornata mondiale contro l’AIDS, organizzata dalla WAC (World AIDS Campaign), dedicata alla sensibilizzazione e a una maggiore consapevolezza sui rischi del virus HIV.


Rispetto alla fine degli anni ‘80 e la metà degli anni ‘90, il contagio da HIV (virus dell’immunodeficienza umana) non ha più la connotazione di pandemia come un tempo dove, ai suoi esordi, ha registrato un’elevata curva epidemica.

In Italia, in questi ultimi 20 anni, la curva, anziché azzerarsi, ha raggiunto una condizione di plateau lineare, una sorta di stallo dove, nel 2020 sono stati diagnosticati 352 nuovi casi di AIDS pari a un'incidenza di 0,7 nuovi casi per 100.000 resident (fonte: epicentro.iss).

Facendo un parallelismo con la situazione che stiamo vivendo ora, rispetto al Covid-19 che è più difficile da controllare, l’HIV invece ha vie di trasmissione facilmente individuabili e riconoscibili che ci consentono di prendere precauzioni specifiche.




Come agisce il virus dell’HIV?


“L’HIV è un virus infimo, perché sceglie come bersaglio i linfociti T che sono i controllori e i registri della risposta immunitaria. Si inserisce all’interno del genoma, perché è un retrovirus che si integra bene con il nucleo. Questo rende più difficile individuare il virus, perché esso è nascosto all’interno della cellula, nel genoma e non ne abbiamo contezza finché non esplode portando gli effetti più gravi che conosciamo.”.

La diffusione dell’AIDS negli anni ‘80 e ‘90


La diffusione dell’AIDS ha avuto zone e caratteristiche diverse, negli anni del boom. I paesi più colpiti sono stati l'Europa con il record della tossicodipendenza endovena (ora quasi scomparsa), con un elevato numero di persone infette a causa del rituale di ‘scambio’ della siringa; in maggior misura Nord America e Africa a causa di comportamenti sessualmente "a rischio".

La percezione del virus oggi


Innanzitutto, oggi non vi è più quella sensazione di pericolo imminente che si avvertiva durante gli anni del boom, ma ciò comunque non autorizza ad abbassare la guardia.

Questa patologia, purtroppo, coinvolge ancora una quota rilevante di persone, in termini numerici, e sono ancora tanti i contagi.

Molti studi hanno individuato le cause di questo plateau proprio nel calo della paura che c’era all’inizio: un virus sconosciuto che colpiva target specifici di popolazione e per il quale non c’era una cura.


Si assisteva impotenti al contagio e l’unica cosa che si poteva utilizzare come ‘arma’ era la comunicazione: tante sono state le campagne pubblicitarie di prevenzione e informazione sull’HIV, spesso con toni molto aggressivi. L’obiettivo era quello di aumentare la percezione rispetto a questa piaga sociale, sottolineando soprattutto la pericolosità intrinseca della malattia, ovvero la bassissima aspettativa di vita (1-2 anni).

Un altro aspetto da considerare è la presenza, oggi, di terapie ben calibrate in grado di modulare una buona qualità della vita, ma soprattutto un’aspettativa di vita più lunga, grazie alla combinazione di farmaci anti-proteasici, anti-viremici, che garantiscono anche effetti collaterali minimi.

Una volta, infatti, i farmaci per l’HIV avevano effetti collaterali tali che rendevano la persona facilmente riconoscibile: viso emaciato e scavato, magrezza e pallore.

L’importanza della prevenzione e conoscenza del rischio


Spesso, la diagnosi arriva troppo tardi per cui il soggetto comincia ad avere coscienza del problema solamente quando cominciano ad apparire i primi sintomi delle forme pre-AIDS (es. linfonodi ingrossati, costante senso di stanchezza, dimagrimento).

Per questo è importante ribadire la responsabilità delle proprie azioni e recuperare il senso di percezione del rischio e della pericolosità di contrarre il virus, ancora oggi. La prevenzione e la conoscenza sono da sempre le armi migliori.

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